Sunday, September 7, 2014

Il dottor Marugo sull’Antidoping nei Master: «Sono certo che la Naldini è pulita»


La Legge non ammette ignoranza, ma necessita un intervento per informare meglio i Master.

di Paco Clienti
È scoppiato e stavolta sulla base di fatti, il caso Antidoping nei Master! Dopo Mauro Rodella trovato positivo in seguito ad un controllo fatto durante i Campionati Italiani Master, anche Gaia Naldini è risultata positiva ad un controllo eseguito da parte del Ministero della Salute e pertanto è stata sospesa dal CONI in via cautelare. In entrambi i casi si parla di leggerezza degli atleti che avendo assunto farmaci dopanti, ma a scopi terapeutici, non hanno preventivamente dichiarato la propria situazione. Ma parlando del settore Master, quanto atleti sono realmente formati in materia Antidoping, quanti di loro assumono farmaci dopanti a scopo terapeutico e quanti presentano domanda per esenzione ai fini dei controlli? La delicata situazione che abbiamo trattato su Swim4Life nei dettagli con vari articoli, è diventata talmente discussa che siamo stati contattati dal Dottor Lorenzo Marugo, Medico della Federazione Italiana Nuoto.
«Come Medico Sportivo della Nazionale Italiana Nuoto, vorrei puntualizzare sulla situazione Antidoping che in questi giorni si sta facendo molto calda con le positività riscontrate nel settore Master. Tutti i tesserti CONI sono sottoposti alla legge Antidoping per la quale esistono disposizioni valide a livello internazionale. Quelle sportive partono dalla WADA e attraverso il CIO arrivano come disposizioni al CONI e di conseguenza a tutte le Federazioni ad esso affiliate. In più in Italia abbiamo la particolarità di avere anche una legge Penale in merito. Questo talvolta complica ulteriormente le cose.»
Non crede che bisognerebbe differenziare il discorso per quanto riguarda il settore Master?
«Purtroppo nel mondo del doping, al di là delle sostanze utilizzate effettivamente per migliorare le proprie prestazioni, c’è anche una serie di sostanze di utilizzo comune a scopo terapeutico che vengono assunte mediante l’utilizzo di farmaci per curare varie patologie. In effetti nelle persone anziane o comunque di età non più giovanissima, queste sostanze vengono assunte in percentuale elevatissima. Ma siccome non è ammessa l’ignoranza delle leggi, anche quando si parla di Antidoping, il discorso del certificato medico da presentare alle manifestazioni prima delle gare, è una storia vecchia di 20 anni fa, quando l’usanza era quella. Oggi è necessario avere il TUE, ovvero l’esenzione medica in materia Antidoping a scopo terapeutico.»
Stiamo parlando di un settore amatoriale frequentato da persone che oltre ad essere a tutti gli effetti utenti paganti della Federazione Italiana Nuoto, sono per lo più persone adulte e molte delle quali, proprio come diceva Lei, soffrono di varie patologie per cui devono assumere certi farmaci. Molto probabilmente per questi motivi, il 90% dei tesserati potrebbe essere dopato secondo il CONI! A tal proposito non trova che il Regolamento Antidoping utilizzato per i più giovani dagli Esordienti agli Assoluti, sia inadeguato per i Master?
«Non è possibile modificare la normativa in quanto internazionale ed anche la legge non è modificabile. Purtroppo la FIN non può fare nulla sotto questo aspetto.»
Ma La FIN non può aggiungere deroghe per il settore Master?
«Ripeto, è impossibile modificare, variare ed emettere deroghe ad una normativa di valore internazionale non emessa dalla FIN tra l’altro.»
Ma secondo lei quanti atleti Master sanno effettivamente come muoversi nei confronti dell’Antidoping?
«A parte il fatto che sui prodotti c’è scritto quando un farmaco è dopante, basta documentarsi. Tanto per fare un esempio, anche i giocatori di Bridge sono sottoposti alle normative Antidoping solo perché la Federazione Bridge è affiliata al CONI e non immagina quanti giocatori vengono squalificati.»
E questo non vuol dire secondo Lei che forse c’è qualcosa da cambiare?
«Si, ma questa è una cosa che deve valutare il CIO. Purtroppo la FIN recepisce le normative del CONI che a sua volta le recepisce dal CIO e quindi non può far nulla a riguardo, oltre che applicarle. C’è poco da fare, bisogna essere informati. Un atleta come la Pellegrini ad esempio, fa decine di controlli antidoping all’anno e nonostante sia formata, capita che mi chiami per chiedermi chiarimenti su alcune creme che utilizza, al fine di accertarsi che non siano dopanti.»
Bene, parliamo allora di professionisti. Nei club e nella nazionale gli atleti vengono informati preventivamente e con premura, proprio per non inciampare in provvedimenti disciplinari. Come Lei stesso ammette, una professionista come Federica Pellegrini La contatta quando ha dubbi su certi farmaci o prodotti terapeutici. Come può si può pensare allora che tutti gli atleti Master siano invece preparati e formati sull’argomento? Nei Master non c’è nessuna formazione e informazione in merito all’Antidoping attualmente. Secondo Lei non dovrebbe esserci?
«Ma basta aprire il sito web della FIN e cliccare sulla sezione Antidoping per informarsi. Inoltre se ne parla tantissimo, le società affiliate FIN sono informate e qualsiasi loro atleta dovrebbe essere a conoscenza della normativa.»
Usciamo un attimo dagli schemi e guardiamo in faccia alla realtà. Il settore Master è fatto di persone comuni e non si può pensare che tutti siano nella posizione di poter essere informati chiaramente in merito all’Antidoping.
«Se assumono farmaci con bollino antidoping, devono assolutamente fare l’esenzione, ovvero presentare il TUE. Non c’è bisogno di avere una formazione specifica per questo.»
E chi glielo deve dire che devo presentare il TUE e come devono muoversi?
«In teoria qualsiasi Medico, ma sicuramente il Medico Sportivo dovrebbe informare gli atleti di ciò che prevede la normativa. Sarebbe bene che le persone si facessero sottoscrivere dai medici sportivi dichiarazioni in merito all’utilizzo dei farmaci che assumono. In tal caso, se viene fuori una positività, è il medico che paga le conseguenze andando nel Penale.»
Ma lei non pensa che bisognerebbe intervenire per prevenire la situazione per quanto riguarda i master?
«È da 20 anni che il certificato medico presentato al test antidoping non ha alcun valore. O si comunica preventivamente l’assunzione di farmaci ottenendo l’esenzione, oppure si corre il rischio di essere squalificati non avendo autorizzazione ad utilizzare farmaci dopanti. La cosa è molto semplice perché le società sono informate e dovrebbero a loro volta informare i proprio tesserati. Nel caso della Naldini anche il medico è responsabile perché a quanto pare non ha saputo darle la giusta informativa. Sono convito che la Naldini non sia colpevole di aver assunto sostanze per andare più forte, ma ha comunque sbagliato pensando che potesse fare una cosa anziché un’altra, informandosi in maniera insufficiente sull’argomento. Se lei può documentare che la colpa è stata del medico sportivo, può evitare avere una riduzione della squalifica e certamente non dovrebbe avere sequele Penali. La conosco e quando era in nazionale aveva un comportamento etico e relazionale ineccepibile.»
Non pensa che il problema Antidoping sia un po’ più complicato riferendoci agli atleti del settore Master?
«Purtroppo l’Antidoping è una materia molto vasta e devo ammettere che in qualche occasione anche io mi sono ritrovato impreparato su alcune cose. Inoltre c’è da considerare il problema integratori che molto spesso non contengono esattamente quanto riportato sulle etichette. Consiglio a tutti di non acquistare prodotti su internet o roba a basso costo perché a volte certi prodotti contengono sostanze dopanti non dichiarate.»
Ma la FIN non potrebbe far in modo di sensibilizzare sull’argomento e far in modo che le società affiliate informino realmente i propri atleti?
«Purtroppo il doping viene visto come una cosa secondaria fin quando non si casca nella squalifica. In Italia abbiamo questa abitudine, vedere i pericoli molto lontani fino a quando non ci si casca dentro. Poi però quando capita il problema, diventa un casino gestirlo. Le regole sono giuste, tutti vogliono l’antidoping, tutti vogliono la severità, ma bisogna dire eticamente che talvolta i regolamenti antidoping fanno risultare colpevole anche chi non lo è.»
Scritto da  Paco Clienti




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