Dalla
Florida, sponda Gators, a Riccione, sponda Assoluti. E ritorno in Usa, con un
pass europeo e il primo titolo italiano Senior in tasca. Andrea Mitchell
D'Arrigo racconta il suo ultimo anno tra difficoltà e delusioni. E ringrazia
coach Gregg Troy per averlo accolto nel suo gruppo e all'Università della
Florida. Con un obiettivo fisso, sempre in testa: Rio 2016.
NUOTO
Più
forte degli imprevisti, degli inconvenienti di percorso e anche degli
avversari, grazie al recente primo titolo italiano assoluto in
palmares. Andrea Mitchell D’Arrigo può essere la risposta che
l’Italnuoto si aspetta da tempo. A metà tra un talento da sbocciare
completamente e un campione con un destino vincente da inseguire. A
soli 19 anni (compiuti proprio oggi, 28 aprile),
il romano di madre americana è ormai pienamente ambientato nella
nuova realtà dell’Università della Florida. Già, perché “Mitch” ha
iniziato il suo percorso accademico a Gainesville allenandosi
stabilmente con Gregg Troy (“guru” del nuoto mondiale, che ha
lanciato tra gli altri Ryan Lochte) nella squadra universitaria
dei Gators. Un coach che lo ha fortemente voluto nel suo gruppo, dopo il
cambio di casacca di D’Arrigo che nel 2013 aveva scelto il suo percorso
sportivo e scolastico con l’Università della Virginia. Piani cambiati per via
dei dissapori tra l’Ateneo e l’allora tecnico Mike Bernardino, che hanno
portato al prepensionamento di quest’ultimo. Così “l’italiano d’America” ha
chiesto e ottenuto (non senza difficoltà) il nulla osta per liberarsi
e diventare atleta-studente in Florida, appunto con Troy, nell’estate
2013. La stabilità è finalmente arrivata. E anche negli Usa si è fatto
presto apprezzare. L’azzurro è stato eletto “Freshman Swimmer of the
Year”, ovvero miglior matricola
dell’anno della Southeastern Conference e ha contribuito in
maniera decisiva al terzo posto complessivo dei Gators alle Finali
dei Campionati NCAA (National Collegiate Athletic Association),
dello scorso marzo. E in quell’occasione ha fatto segnare il secondo
miglior tempo all-time nella sua categoria d’età
nelle 500 yards. Davanti a lui chi c’è? “Soltanto” un
certo Michael Phelps.
Questa
la storia recente di un 19enne di certo fuori dal comune. E non solo per la sua
“sequela” pre-accademica, ma soprattutto per i suoi risultati in vasca. Andrea
Mitchell ha infatti in bacheca tre medaglie europee
Juniores, una mondiale (bronzo nei 200 sl) e due europee Senior in
vasca corta (bronzo nel 2012 sui 400 sl e argento sulla stessa distanza, un
anno più tardi). Se si aggiunge il titolo italiano conquistato con i
colori dell’Aurelia Nuoto, nei 200 sl a inizio mese (con pass agli
Europei estivi di Berlino, ma per ora non nei “suoi” 400), si capisce che
il mirino del giovane azzurro punta ben oltre. A cominciare dai Campionati
continentali in Germania in agosto, con un obiettivo ben impresso
nella testa (come lui stesso ammette): i Giochi Olimpici del 2016. Nel
frattempo, Andrea Mitchell va avanti negli Usa: studia e
nuota per diventarne un protagonista nel nuoto. E intanto pensa anche al
suo futuro oltre il cloro, con lucidità e maturità non così tipica scontata in
un teenager.
Qualche
mese fa avevi detto che la tua gara migliore è stata il 200 sl da record
italiano Juniores (1’48’’28) ai Mondiali di categoria di Dubai.
Successivamente, però, sono arrivati l’argento europeo in “corta” e il primo
titolo italiano. Dopo l’1’47’’18 nei 200 di Riccione, davanti un campione “di
razza” come Magnini, sei rimasto fedele all’idea precedente?
«Tutte
le gare ti lasciano qualcosa dentro, sia quelle in cui si vince, ma soprattutto
quelle in cui non ci si esprime al meglio. Certamente la finale dei 200 stile
libero di Riccione rappresenta la mia migliore prestazione sulla distanza, ma è
stata una delle mie più belle gare di sempre per altri motivi. E penso che vada
oltre il riscontro cronometrico: perché ho vinto il mio primo titolo italiano
individuale, per via della qualificazione agli Europei di Berlino ma,
soprattutto, perché strettamente legata al mio recente passato e al rapporto di
stima e amicizia con Filippo Magnini. Forse non tutti ricordano che qualche
anno fa, io e Filippo appartenevamo alla stessa squadra (la Larus Nuoto, ndr)
e proprio insieme a lui nel 2011 ho vinto il mio primo titolo assoluto con la
staffetta 4X200 sl. A 15 anni vivevo un sogno: gareggiavo con Magnini in
staffetta! Nuotai
in prima frazione stabilendo il nuovo record italiano di categoria, Filippo in
ultima. Lui, dal punto di vista sportivo, ha sempre rappresentato un
riferimento per me e la sua amicizia è sempre stata sincera e ricambiata. Per
questo i 200 di Riccione sono stati una gara entusiasmante, ricca di
significati ed emozioni e l’atteggiamento a fine gara di Filippo, da grande
campione qual è, mi ha commosso».
A
sinistra, un commosso D'Arrigo riceve il tributo da Filippo Magnini all'arrivo
dei 200 stile libero agli Assoluti Primaverili 2014. Photo Pasquale F.
Mesiano Deepbluemedia/Insidefoto
Nei
tuoi ottimi 200 di Riccione hai trovato un buon passaggio nei primi 100 metri.
È stato frutto di un lavoro sulla velocità fatto a Gainesville, sintomo di
un’attenzione maggiore nelle prime parti di gara?
«Sinceramente
non avevo specificamente preparato i 200 né tantomeno curato alcun aspetto
relativo alla velocità. Anzi, analizzando bene la gara si può facilmente notare
l’enorme gap iniziale che mi separa dagli altri, soprattutto nei primi 50
metri. La mia partenza dal blocco non è certamente perfetta e devo migliorare
alcuni altri aspetti tecnici. Questi primi mesi di lavoro con Gregg Troy sono
stati molto intensi e completamente innovativi nella metodologia di
allenamento. A Riccione ero venuto per qualificarmi sui 400 stile ed il tempo
1’47’’18 nei 200, anche se ampiamente previsto da Troy, mi ha sorpreso».
I tuoi
miglioramenti sono “esplosi” nel 200 riccionese. Però sei arrivato, appunto,
all’oro italiano con l’amaro in bocca per l’eliminazione anticipata nei 400…. In quell’occasione cosa non ha funzionato in una batteria di certo non
tra le tue più veloci?
«È
stata una cocente delusione causata da un errore di sottovalutazione del
contesto. Mi sono ritrovato a disputare il mio primo 400 dell’anno in vasca
lunga, in una batteria lentissima. Dopo tanti mesi di allenamenti e
competizioni in vasca da 25 yards (22,86 metri, ndr) mi sono mancati i
riferimenti basilari. Durante la gara sapevo che stavo andando piano ma non mi
sono assolutamente reso conto che i passaggi fossero così lenti. Poi, al dispiacere
per l’errore commesso, nel pomeriggio si aggiungeva un’altra brutta notizia:
leggendo il report sul sito della federazione realizzavo di non avere più
alcuna possibilità di staccare il pass per gli europei sui 400 stile.
Indipendentemente dal crono stabilito, il regolamento FIN escludeva a priori i
tempi ottenuti nelle Finali B ai fini della qualificazione per Berlino. Una
norma astrusa, che aggiungeva irritazione alla delusione. A quel punto,
d’accordo con Troy, ho deciso di non forzare troppo in Finale B, tentare di
metabolizzare la delusione e ricercare la giusta condizione psicofisica per i
200 stile».
Guardando
al passato meno recente, si può dire che il tuo 2013 sia stato tutt’altro che
lineare. Dalla mancata qualificazione per i Mondiali di Barcellona, al riscatto
nei Mondiali Junior. Nel frattempo, la querelle del caso Bernardino-Università
della Virginia e la tua domanda di nulla osta per passare ai Florida Gators.
L’incertezza ha inciso sulle tue prestazioni?
«Il
2013, analogamente al 2012, è stato un anno difficile in Italia e di
vicissitudini che hanno influito in maniera determinante sulle scelte per il
mio futuro. La mia attività sportiva, infatti, è sempre andata di pari passo
con l’obiettivo di completare gli studi e conseguire una laurea. Per cui l’anno
scorso ho effettuato e superarto brillantemente i test di selezione per essere
ammesso alla graduatoria del sistema universitario statunitense. Tra le molte
offerte ricevute avevo scelto l’Università della Virginia, che mi avrebbe
concesso una “fullscholarship” quinquennale, con copertura totale dei
costi fino al conseguimento della laurea. Al contempo, agli Eurojunior di
Poznan di luglio, seppur debilitato da un’infezione intestinale che mi ha
causato il ricovero al locale ospedale l’ultimo giorno di gare, avevo ottenuto
dei discreti tempi sia sui 200 sia sui 400 sl, che facevano ben sperare per
agosto. Purtroppo, ancora una volta, non sono stati ritenuti sufficienti per
una convocazione per i Mondiali di Barcellona. Di conseguenza decisi di partecipare
a quelli Junior di Dubai. Spostati alla fine di agosto, periodo in cui avrei
dovuto già essere in Virginia per iniziare gli studi. Per poter andare a Dubai
ho dovuto quindi recedere dall’impegno con l’Università della Virginia (il cui
direttore accademico non mi autorizzava ad iniziare le lezioni con 3 settimane
di ritardo) che nel frattempo aveva anche improvvisamente esonerato e mandato
in pensione Mark Bernardino, il coach che mi avrebbe dovuto seguire».
Una
situazione complicatasi improvvisamente…
«Sì, la
richiesta di nulla osta è stata accolta dal nuovo head coach della Virginia
alla fine di luglio, troppo tardi per l’iscrizione all’anno accademico in
qualsiasi altro ateneo e soprattutto per accedere ad un’altra borsa di studio.
Solo grazie all’aiuto di Gregg Troy sono riuscito ad essere ammesso
all’Università della Florida senza perdere l’anno di scuola ed iniziare la mia
esperienza con i Gators. Incredibilmente, il susseguirsi di questi eventi
negativi ha contribuito a farmi compiere la scelta migliore: l’University of
Florida e i Gators si è rivelata la più grande opportunità per la mia carriera
di studente-atleta e non potrò mai ringraziare abbastanza Troy per avermi
aiutato ad essere ammesso nel prestigioso programma atletico del team».
Dunque,
ora che hai trovato stabilità in Florida, raccontaci del tuo primo anno con i
colori arancio-blu dei Gators. Quali difficoltà, vantaggi e stimoli ci sono a
nuotare per il Campionato Universitario e che differenze ci sono rispetto a una
stagione italiana?
«Ho la
fortuna di far parte di uno dei più blasonati campus statunitensi. Penso vi
siano pochi centri al mondo che abbiano storia e tradizioni olimpiche
paragonabili a quelle della Università della Florida. Un’organizzazione che dal
1982 a oggi ha investito in risorse umane, impianti sportivi, strutture di
ricerca e medicina, una somma che supera i 250 milioni di dollari. Cifre
assolutamente inimmaginabili in Italia, che hanno portato i Gators ad eccellere
in tutti gli sport e l’università a diventare una delle migliori della nazione.
La squadra di nuoto è composta da atleti di diverse nazionalità, molto
affiatata e competitiva. Per me che mi sono sempre allenato in solitudine è una
grande opportunità poter sostenere i duri allenamenti e competere con un team
di altissimo livello tecnico. Trovo che i Campionati SEC e NCAA siano la vera
arma vincente dello sport statunitense. Vivere questa esperienza, mentre hai la
possibilità di studiare e costruire il tuo futuro oltre lo sport, è
un’occasione unica alla quale migliaia di atleti di tutte le specialità
sportive e nazionalità, aspirano. Io sono tra questi fortunati, grazie
soprattutto al sostegno della mia famiglia. Per il resto, credo che in Italia
non ci sia nulla di comparabile».
Coach
Troy non ha mai nascosto le sue aspettative nei tuoi confronti. Prevedeva
potessi essere il Freshman dell’anno e così è stato. La fiducia è
alla base dei tuoi bei risultati nell’NCAA? E come ha sostenuto il tuo
inserimento e che programmi di allenamento avete intrapreso?
«Sto
imparando a conoscere e ad apprezzare Gregg Troy giorno dopo giorno. Quando
avevo optato per la Virginia University era dispiaciuto (Troy l’aveva già
seguito nel 2012, ndr), ma ha comunque sostenuto la mia scelta senza alcun
problema. Gli eventi mi hanno poi fatto ritornare sui miei passi e mi ha
accolto a braccia aperte e letteralmente salvato, dal punto di vista accademico
e atletico. Troy ha sempre gestito atleti provenienti da ogni parte del mondo,
basti pensare che alle Olimpiadi di Londra hanno preso parte 32 suoi atleti di
diverse nazionalità e ben 12 hanno vinto medaglie. Una volta rientrato da Dubai
mi ha convocato con i miei genitori per illustrarci e condividere il suo
progetto. Sono rimasto impressionato e un po’ incredulo dal programma e dagli obiettivi
che ci ha sottoposto, ma devo ammettere che dopo questi 9 mesi di lavoro inizio
a confidare nelle sue aspettative…».
Il
discorso sulle gare in yards incuriosisce: visti i tuoi ottimi risultati alle
Finali dei SEC, non sembra che tu abbia faticato con le nuove distanze-gara?
«Allenarsi
e gareggiare in vasca da 25 yards è molto diverso, sembra quasi un altro sport.
Ho faticato molto ad ambientarmi e nonostante gli ottimi risultati ottenuti
trovo ancora difficoltà in gara, sia nelle distanze corte che in quelle
iniziate ad esplorare quest’anno, tipo le 1.000 e 1.650 yds. Però sto
migliorando e penso che nelle prossime edizioni SEC ed NCAA sarò in grado di
competere ad armi pari con i migliori specialisti delle yards».
Andrea Mitchell D'Arrigo in versione
"Gator".
La tua
carriera agonistica va a gonfie vele. Ma quella accademica va bene allo stesso
modo? Che percorso di studi hai intrapreso e com’è strutturata la tua
preparazione in funzione del nuoto? Gainesville è davvero il top per
atleti-studenti?
«Come
dicevo, la cultura dei campus universitari americani è incentrata sul percorso
paritario tra studio e sport. Questo doppio binario rappresenta una formidabile
capacità attrattiva di risorse economiche e quindi di sostegno e sviluppo
dell’Ateneo e dell’intera economia locale. Gainesville esiste e si è sviluppata
grazie al polo universitario: col suo indotto rappresenta il 100% del Pil della
città, Gainesville e la University of Florida sono due facce della stessa
medaglia. Migliaia di atleti di tutte le nazionalità ogni anno tentano di
essere ammessi nei vari programmi sportivi offerti dai Gators ma solo in
pochissimi ci riescono. Si viene selezionati per meriti accademici e ranking
atletico. Io sono iscritto a Scienze Internazionali e sto completando gli esami
del primo anno. La scelta della specializzazione avviene alla fine del secondo
anno, quindi ho ancora un po’ di tempo per decidere il mio Corso di Laurea
definitivo».
A
proposito di “doppio binario” sport-scuola: è vero che hai dovuto sostenere
degli esami durante gli Assoluti? Avevi un permesso per poterlo fare o è un
caso “normale”?
«Sì, ed
è proprio questa la vera eccellenza del sistema universitario Usa. Gli
studenti-atleti possono disporre di una struttura professionale di counseling,
un sistema di tutorship personalizzato e calibrato sulle esigenze del
singolo studente-atleta. Struttura e programmi sono certificati dalla NCAA e
l’atleta-studente viene seguito in maniera sistematica per tutta la durata del
corso di laurea. Per poter partecipare agli Assoluti di Riccione, assentandomi
per circa 3 settimane di lezioni, ho dovuto svolgere degli esami prima di
partire: alcuni durante il mio soggiorno in Texas (per le Finali NCAA,ndr),
altri due mentre ero in Italia. Quando si è impegnati in attività agonistica
fuori sede gli esami si svolgono via internet, attraverso un sofisticato
sistema di identificazione a un prestabilito orario e con un tempo previsto per
completare l’esame . Ci si collega all’aula virtuale per effettuare il test. Da
Riccione ho completato e superato l’esame di lingua spagnola. Al mio rientro,
ho dovuto sostenere un esame di letteratura americana, che però non è andato
benissimo».
Capitolo
Andrea Mitchell e le tensioni. Anche se sei in Usa, ti senti un po’ “sotto
esame” anche dall’Italia? Intorno a te si è detto molto dopo il tuo
trasferimento, ma anche prima. Alla luce delle tue risposte “sul campo”,
avresti qualche sassolino nella scarpa da toglierti?
«So di
essermi creato qualche nemico quando ho intrapreso l’iter per il rilascio del
nulla osta per tornare a nuotare con l’Aurelia Nuoto (nella stagione
2011-2012, ndr). Qualche inimicizia o critica per le idee e le scelte che
faccio è fisiologica, ma non ho sassolini da togliermi. Vado dritto per la mia
strada, pagando di persona per gli errori. Mi piace rispondere con i fatti e
soprattutto con i risultati. La tensione pre-gara è una fase soggettiva di ogni
singolo atleta, vi sono delle situazioni in cui mi riesce più difficile
gestirla, specialmente quando gareggio in Italia ma una volta in acqua la
trasformo in tenacia e competitività».
Un
supporto dalla Federazione Nuoto è arrivato da quest’anno. Inoltre, con il tuo
coach all’Aurelia Riccardo Pontani, mantenete un filo diretto Gainesville-Roma?
«La
Federazione, finalmente, si è accorta che ci sono anch’io. Quest’anno le
comunicazioni con la FIN si sono consolidate e sono abbastanza frequenti. E
Pontani verrà a trovarmi ogni 2 o 3 mesi in base al calendario degli eventi ed
ai miei impegni di studio».
Quali
saranno i tuoi prossimi impegni negli Usa? A giugno ti rivedremo al SetteColli,
o aspetterai la tua “prima” internazionale in azzurro in vasca da 50, agli
Europei… Sei certo di fare i 200 sl, ma speri anche nei 400? Cosa ti aspetti da
Berlino, ma soprattutto nei prossimi anni?
«Di
concerto con Troy sto elaborando il programma estivo che prevederà sicuramente
la partecipazione ad alcuni eventi negli Stati Uniti e forse in Canada. Non so ancora se rientrerò in Italia per il Settecolli, poiché da giugno
sarò impegnato con la summer school per effettuare due esami e
portarmi avanti negli studi. Questa
è un’altra opportunità che viene offerta agli studenti-atleti che durante
l’anno devono assentarsi per gli impegni sportivi e vogliono laurearsi nei
tempi previsti. A Berlino disputerò la mia prima gara in vasca da 50m con la
Nazionale? Può sembrare strano ma non sono mai stato convocato per un evento in
vasca lunga. Sarà il Direttore Tecnico della Nazionale a valutare e decidere se
potrò disputare anche i 400 stile, la distanza che in questo periodo prediligo
di più e dove mi sento più preparato… Berlino sarà una delle tante tappe del
mio percorso di preparazione. In cui l’obiettivo principale è fissato per
l’estate del 2016».
(Foto
della copertina: Andrea Masini/Deepbluemedia/Insidefoto)
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a Luca De Matteis
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